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Alemanno Tor Vegata nun te vole!
by lavoriincorso on Ott.29, 2010, under General
Mettere a disposizione l’auditorium della Facoltà di Lettere e Filosofia probabilmente produce vantaggi per il nostro Ateneo…ma hanno appena iniziato a tagliare e già si comincia a vendere…
Ebbene si!signore e signori studenti!
Proprio lui, appartenente fin da giovincello a movimenti politici di estrema destra, inizia la sua carriera come membro del Fronte della Gioventù, epoca durante la quale viene arrestato per ben 3 volte…e da ragazzino tranquillo qual era decide di darsi a degli sport virili che caratterizzano gli appartenenti dei suddetti movimenti politici:aggredisce con spranghe degli studenti, lancia molotov alle “ambasciate nemiche”, picchia i suoi amici in divisa per farli sembrare nemici giurati! Da grande mette la testa a posto e si dedica ad una carriera tranquilla con il suo amico del cuore dei tempi d’oro Gianfranco Fini entrando in Alleanza Nazionale, partito legittimato nel 1995 grazie ai favoritismi e alla complicità dei partiti di centro-destra. La sua carriera istituzionale va a gonfie vele, fa il ministro nei governi Berlusconi, fino ad arrivare ad essere eletto sindaco di Roma durante le elezioni del 2008, vittoria dovuta all’inettitudine dell’opposizione, rappresentata da un candidato poco gradito a tutti (vedi strisce blu)…
Ma c’è un problema…presto si smentisce…in realtà non ha messo da parte le sue politiche fasciste! Tra pacchetto “sicurezza” e deliri degni del suo amato Benito, sgombera Centri Sociali,finanzia organizzazioni di neo-fascisti, sfratta migliaia di famiglie in emergenza abitativa… elimina eventi culturali romani che non richiamino direttamente all’estetica del Ventennio, regala pistole ai Vigili Urbani (che da quel momento in poi si sentono un po’ come gli 007 de noantri), smantella (cioè li sposta tipo risiko) campi nomadi… Ma quando è in preda a raptus distruttivi vuole addirittura buttare giù la teca di vetro di Meier (pericolosissimo nemico comunista) e, udite udite…VUOLE RADERE AL SUOLO TOR BELLA MONACA! Nessuna malattia mentale però affligge il primo cittadino di Roma…solo impicci, appalti e affari sono gli interessi di Alemanno.
Non dice infatti che fa parte del CEO di un importante gruppo di costruzione (gruppo Cellino), che ha ricevuto “per grazia divina” vari appalti importanti nella capitale. Il filantropo vuole sfrattare migliaia e migliaia di persone attuando le sue amate e mai dimenticate pratiche autoritarie. L’urbanista incaricato è proprio Leon Krier, fermo sostenitore di un’architettura post-moderna unita ad una forte componente vernacolare. In parole povere un amante di un’urbanistica nostalgica e classicheggiante, grande estimatore dell’architettura del ventennio (vedi aberrazione architettonica dei portali e delle costruzioni monumentali dell’ EUR del tutto irrazionali quindi per niente funzionali).
La sua idea geniale è quella di demolire il quartiere per poi ricostruirlo su un modello urbano fuori da qualsiasi logica… anzi, nella sola logica del controllo, della speculazione, della cementificazione, del disagio popolare e del profitto…
Le Studentesse e gli Studenti di Tor vergata, dicono NO A QUESTA SGRADITA VISITA!
No alle politiche affariste e fasciste di Alemanno. No alla demolizione di Tor Bella Monaca.
No al Master Plan.
ALEMANNO VATTENE A CASA…TOR VERGATA NUN TE VOLE!
Per un corteo nazionale contro la repressione
by lavoriincorso on Ott.25, 2010, under General
Non ci stupisce che la procura abbia individuato proprio nel nostro compagno e fratello Tonino il “nemico pubblico”, il sovversivo da rinchiudere perché pericoloso per il loro ordine sociale, non importa la reale circostanza nella quale si è trovato ad agire.
I responsabili della sua detenzione sono da ricercare tra chi detiene ed esercita il potere e tra i servi che lo eseguono.
Infatti sono i magistrati che, con il chiaro intento di criminalizzare i movimenti di lotta, hanno costruito un castello accusatorio contrario ad ogni ragionevolezza; è la digos che materialmente ha rinchiuso in un carcere Tonino; sono i giornalisti che come sempre hanno sparso fango.
Non ci stupisce, inoltre, che nel primo pomeriggio di mercoledì 8 settembre il giudice abbia negato i domiciliari a Tonino, così come richiesto dai suoi legali.
Solo qualche giorno prima era stato trasferito nel carcere di Civitavecchia, nel tentativo di fiaccarne il morale, la resistenza e di allontanarlo dal clima di solidarietà che giorno dopo giorno cresce attorno a lui.
Queste scelte dimostrano, ancora una volta, che le motivazioni per cui Tonino è strappato all’affetto dei suoi compagni e dei suoi amici sono tutte politiche e poco o nulla hanno a che fare con l’assurdo reato che gli viene contestato.
Al corteo spontaneo, che mercoledì ha attraversato le vie del centro di Napoli, abbiamo urlato ancora una volta che Tonino è in galera per ciò che rappresenta.
Non cadremo nel gioco di questo sistema. Non stiamo con Tonino solo perché è evidentemente estraneo ai fatti che gli vengono imputati da un impianto accusatorio improponibile, noi siamo al suo fianco soprattutto perché è questa la nostra parte della barricata.
Ribadiamo nuovamente che “colpevole” e “innocente” sono categorie che non ci appartengono.
Crediamo che questo mondo sia diviso unicamente in sfruttati e sfruttatori.
Occorre scegliere da che parte stare.
Noi lo abbiamo già fatto.
Tonino lo ha già fatto.
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Il primo maggio 2010 a Napoli la polizia permette ad un gruppo di fascisti di avvicinarsi al corteo che sfila, inscenando provocazioni e minacce. I compagni reagiscono allontanandoli. Uno dei fascisiti si rifugia in un negozio, dove scoppia una rissa, e ne esce con alcune ferite da taglio. Mesi dopo la polizia arresta due persone. Una di queste è Tonino, compagno e fratello di tutti noi.
Non ci interessa giudicare l’operato dei compagni. Non ci interessa capire le dinamiche degli eventi prima di scegliere da che parte schierarci. Noi non conduciamo indagini. Di una cosa siamo certi: Tonino è in galera per ciò che rappresenta. Per essere stato sempre in prima fila nelle lotte ambientali, antifasciste o contro la repressione. Colpevole o innocente sono categorie che non ci appartengono.
Questo è un blog che ha come obietivo quello di far convergere e/o coordinare le iniziative di solidarietà per Tonino che prendono forma in ogni città.
Poche parole, insomma.
Un nostro fratello nelle mani del nemico.
Delle sbarre. E noi.
Il resto ha l’odore della strada.
Da Napoli…I diritti non si arrestano!
by lavoriincorso on Ott.17, 2010, under General
“Carenza di prove”, “assoluta contraddittorietà da parte della pubblica accusa”, “dichiarazioni degli della DIGOS non riscontrabili nei fatti”, così oggi si è pronunciato il giudice, facendo cadere le accuse montate ad arte dalla Polizia contro Salvatore, il precario della ricerca fermato al termine del corteo di ieri.
Un corteo partecipato, pacifico ma determinato che ha portato in piazza migliaia di studenti medi e universitari, precari Cobas-scuola e disoccupati contro la Riforma Gelmini, i tagli al mondo della formazione e la sospensione delle tariffe agevolate di UNICO Campania per studenti e fasce deboli della società.
L’operato della polizia nella giornata di ieri è stato un chiaro monito per tutti coloro che in tante città italiane stanno animando la protesta studentesca: da Napoli a Palermo, da Roma a Torino chi lotta deve sapere che può essere fermato durante un corteo senza motivo, picchiato a sangue, persino trascinato in Questura, trattenuto di notte e processato per direttissima con accuse che spesso neanche reggono di fronte ad un magistrato.
Tentativo fallito. Oggi 16 ottobre, più di 200 tra studenti, precari e lavoratori si sono ritrovati sotto il Palazzo di Giustizia di Napoli per chiedere la liberazione di Salvatore.
Ora che l’abbiamo ottenuta, lanciamo un appello a tutti coloro che vogliono rilanciare nella nostra città la lotta contro Riforma di scuola e Università per la costruzione di una mobilitazione che riporti in piazza studenti e lavoratori mercoledì 20 ottobre.
I diritti non si arrestano!
The future is unwritten, il futuro è ancora da scrivere…
Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli (caunapoli.org)
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Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli
caunapoli.org
Solidarietà ai precari e agli studenti di Napoli
by lavoriincorso on Ott.15, 2010, under General
Domani mattina sarà processato per direttissima un compagno, precario della ricerca, fermato durante il corteo di oggi a Napoli. Questi i fatti: oggi 15 ottobre, studenti degli istituti superiori, dell’università insieme ai precari della scuola erano insieme in piazza per protestre contro la riforma di scuola ed università. Dietro lo striscione “i diritti non si meritano si conquistano”studenti e lavoratori intendevano raggiungere P.zzo Santa Lucia per protestare contro i tagli alle borse di studio e al mondo della formazione e chiedere che venissero riattivati dalla Regione i fondi per gli abbonamenti al trasporto pubblico per studenti e fasce disagiate della popolazione. Senza alcun preavviso, a freddo, su un tratto di strada pedonale, è scattata la carica della polizia:alcuni i contusi (un ragazzo ha il naso rotto), un compagno in questo momento risultano ancora in stato di fermo. Subito dopo i fatti, il corteo si è ricompattato in presidio per chiedere il rilascio immediato del compagno fermato. Vi invitiamo a far circolare la notizia, a denunciare la natura ricattoria della stretta repressiva che la Questura ha deciso di mettere in campo per fermare sul nascere un movimento di studenti e lavoratori del mondo della formazione totalmente autorganizzato. Volevamo diritti, ci hanno dato polizia polizia! Il movimento crescerà, il futuro ci appartiene!
CAU napoli
L’AUTUNNO CI (A)SPETTA!
by lavoriincorso on Ott.08, 2010, under General
ANALISI CRITICA DEL DDL 1905 E DELLA RIFORMA GELMINI
a cura di Red-Net rete delle realtà studentesche autorganizzate
red-net.it
Per il prossimo autunno, temporali su tutto il territorio italiano ma la stagione si preannuncia molto calda.
Le prime avvisaglie sono soltanto le conseguenze della crisi economica che ha investito (e continua a farsi
sentire nonostante le dichiarazioni del Governo e di Confindustria) l’Italia e il mondo intero negli ultimi anni
e che ha ovviamente colpito le classi più deboli: migliaia di lavoratori saranno costretti a rimanere a casa,
altri non riceveranno più la cassa integrazione, nuovi tagli sono in arrivo per tutti i settori del welfare state,
dalla sanità ai trasporti, passando – ovviamente – per la scuola pubblica. Di fronte alla crisi economica
dilagante la strategia utilizzata dai governi è sempre la stessa: tagliare ciò che resta dello stato sociale
sacrificando servizi, salari, pensioni – e persino diritti! – in favore di banche, imprese e speculatori di tutti i
tipi, generando così un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita delle classi subalterne.
In questo scenario di manovre economiche volte al “risparmio” (leggi: sacrifici per noi, profitti per loro) non
poteva non essere compresa anche l’Università, coinvolta in tale strategia con il Decreto Di Legge 1905,
ulteriore tassello della Riforma Gelmini.
Il DDL in questione è stato già approvato dal Senato a fine luglio e, al di là del voto contrario della
cosiddetta “opposizione”, pare proprio che i suoi principi ispiratori siano condivisi da tutti: sono infatti gli
stessi affermati prima dalla riforma del sistema universitario avviata da Ruberti nel 1990 e poi dalle riforme
che si sono susseguite con il Processo di Bologna (1999), fossero esse proposte da governi di centro-destra
(Moratti) o di centro-sinistra (Berlinguer, Zecchino). D’altra parte la politica universitaria europea è definita
dall’ERT (European round table of industrialists – una potente lobby economica in Europa) e applicata al
contesto nazionale da Confindustria, ai cui dettami i governi sono da sempre sottomessi.
È quindi logico aspettarsi che il DDL passi alla Camera, magari con qualche modifica marginale, fra
novembre o dicembre, dopo l’approvazione della prossima finanziaria. E perciò solo chi lavora e vive
l’Università può impedire quest’ennesima controriforma, volta a smantellare un settore pubblico già
bersagliato e sottofinanziato!
Ma vediamone meglio i dettagli, perché ci sono tanti provvedimenti che ci riguardano da vicino, e
cerchiamo di capire come contrastarla…
1. Aziendalizzazione
Il processo di privatizzazione e di aziendalizzazione di cui il movimento studentesco dell’Onda parlava nel
2008 si sta concretizzando. “Privatizzazione” non significa solo un aumento della presenza dei privati negli
organi decisionali delle università, ma anche e soprattutto l’adozione di strumenti, logiche e pratiche tipici
del settore privato. L’Università, il cui scopo dovrebbe essere formare degli individui consapevoli e critici,
abituati a cooperare per il progresso materiale e spirituale della maggioranza della società, si sta
trasformando in un’azienda con un manager-rettore ed un Consiglio di Amministrazione che devono fare
cassa, vendendo la merce-cultura e raggiungendo in ogni modo obiettivi di produttività.
Questo processo rafforza le gerarchie interne agli atenei, peggiora i corsi di studio ed i servizi agli studenti, determina
un asservimento acritico all’ideologia del profitto1.Vediamo ad esempio la struttura organizzativa degli organi di gestione prevista dal DDL. Diventa più netta
la separazione di competenze tra Senato Accademico (SA) e Consiglio d’Amministrazione (CdA).
Quest’ultimo dovrà prevedere almeno tre membri esterni (art.2.2.i) e, cosa ancor più rilevante, si appresta
a diventare l’organo preponderante di governo universitario. Il DDL assegna infatti al Senato Accademico
(SA) “la competenza a formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca” (art.2.2.e) e al CdA la
funzione di “indirizzo strategico”, “programmazione finanziaria” nonché “l’attivazione o la soppressione di
corsi e sedi” (art.2.2.h).
L’eliminazione di un corso, quindi, non risponderà a criteri didattici ma solo a criteri finanziari, e i corsi
ritenuti “improduttivi” saranno soppressi, mentre tenderanno ad aumentare corsi rispondenti a precise
esigenze provenienti dall’esterno. Alcune aziende potranno decidere di finanziare intere cattedre
(art.9.2.h), reclutando docenti e ricercatori perché preparino personale specializzato da utilizzare nella
propria impresa2.
Rispondendo alla stessa logica dell’“economicità” (leggi: tagli e licenziamenti) che diventerà ormai il
principio guida del funzionamento dell’università, il DDL parla anche di “razionalizzazione” dell’offerta
formativa. “Razionalizzazione” che inevitabilmente si concretizza in ulteriori tagli, o fusioni o federazioni,
di corsi o intere facoltà. L’unico motivo per cui queste dovrebbero avere luogo, infatti, sarebbe un
risparmio sulla spesa complessiva, senza alcun riferimento ad esigenze di carattere didattico e formativo e
quindi senza alcun miglioramento della qualità dell’istruzione. Ancora una volta sono le esigenze
particolaristiche e di azienda che orientano il cambiamento dell’Università e non le esigenze degli studenti3.
2. Ricercatori e docenti
Dietro la bandiera di un’ideologica guerra ai “fannulloni” (come se poi i politici o i top manager si
ammazzassero di lavoro!), il DDL fa sì che la già enorme schiera di precari rimanga tale. Il contratto a tempo
indeterminato per i ricercatori sparisce del tutto e sarà possibile avere solo contratti a tempo determinato
di 3 anni rinnovabili di altri 3! A condizione ovviamente che il lavoro svolto in questo lasso di tempo sia
“produttivo” (ci sorge spontanea un’altra domanda: produttivo per chi? In base a quali criteri sarà giudicato
il lavoro di un giovane ricercatore?).
Dopo i sei anni di precariato (da aggiungere ai 5 universitari, ai 3 di dottorato, ai 5 in media passati fra altre
borse e contratti precari), cioè intorno ai quarant’anni, i ricercatori dovranno conseguire l’abilitazione
scientifica per diventare professori associati. Ma siccome i posti sono pochi, passano solo quelli portati
avanti da baroni o politici di turno; gli altri ritornano a far parte della schiera dei precari, percependo nel
migliore dei casi stipendi ridicoli che non coprono neanche il “rimborso spese”!
In questo modo ad essere colpiti non sono i famosi “fannulloni” e gli incompetenti, spesso protetti da
docenti molto influenti all’interno dell’ateneo, ma i lavoratori che già sono in una condizione di
precariato e che non sono legati a nessuna “cordata”. Tale ddl, infatti, per quanto riguarda il reclutamento
dei ricercatori, rinforza la cooptazione universitaria e con essa i rapporti baronali. Perdono di importanza le
posizioni di ruolo (le uniche figure di ruolo saranno i professori ordinari e associati), lasciando spazio agli
incarichi a tempo determinato, a ridotta autonomia e meglio governabili dalle gerarchie baronali. Tra gli
attuali ricercatori di ruolo e i futuri ricercatori a tempo determinato si innesca una forte competizione per
l’entrata nel ruolo dei professori associati: i ricercatori a tempo determinato sono “privilegiati” in questa
competizione perché possono essere reclutati tramite chiamata diretta, senza dover passare per il concorso
nazionale. Quel che realmente si nasconde sotto questa operazione è una ridefinizione nel senso della privatizzazione di quello statuto giuridico che l’art. 34 del DPR 382 del 1980 (“Disciplina dello stato giuridico
dei ricercatori universitari”) ha lasciato in sospeso da oltre trent’anni. Il ricercatore a contratto è infatti una
figura di diritto privato e come tale si troverà ad essere semplice controparte (debole e frammentata)
all’interno di una logica generale di confronto di interessi privati. Nessuna autonomia didattica! Nessuna
ricerca al di fuori degli interessi industriali e di parte a cui i ricercatori saranno infine inevitabilmente
piegati!
Non a caso, allora, l’unico emendamento al DDL che andava minimamente ad intaccare il potere baronale
(quello che prevedeva per i docenti l’abbassamento dell’età pensionabile a 65 anni), è stato rigettato. Prof
in pensione a 70 anni, cioè altri cinque anni di “lavoro” poco usurante e di mantenimento della propria
posizione di potere e del proprio status all’interno e all’esterno dell’università…
La conseguenza è che, se nel sistema attuale – non certo idilliaco – i ricercatori godono, almeno in linea
teorica, di ampi margini di autonomia (compromessi dal ruolo di portaborse che essi svolgono assai spesso
nei confronti dei loro protettori), ora i nuovi ricercatori saranno ricattabili dai loro protettori locali lungo
tutta la durata dei loro contratti (che rimangono assegnati su base cooptativa e non da una commissione
nazionale), prima per l’ottenimento del rinnovo, poi ai fini della chiamata diretta. Bel modo per avere una
ricerca indipendente, creativa, incentivata e tutelata!
3. Aumento delle tasse
Un dato quantitativo: il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), che insieme alle contribuzioni
studentesche e alle “donazioni” di privati costituisce fonte di entrata per le università, subirà un taglio di
1,3 miliardi di euro. Per compensare la perdita è quasi inevitabile che saranno le tasse degli studenti ad
aumentare4, causando un ulteriore disagio a quegli studenti che non hanno le possibilità economiche di
sostenere le già ingenti spese per i loro studi. Studi che vedono già moltissimi ostacoli nella carenza di
servizi come borse di studio, mense pubbliche, residenze, biblioteche, etc.
4. Diritto allo studio
Nel DDL il concetto stesso di “diritto allo studio” subisce una radicale trasformazione. Se prima questo,
almeno sulla carta, era legato soprattutto a criteri di reddito con l’obbiettivo di garantire la possibilità di
studiare anche agli studenti provenienti dalle fasce meno agiate, ora saranno esclusivamente criteri di
“merito” a determinare l’erogazione di borse di studio. Assistiamo ad esempio all’istituzione del
cosiddetto “Fondo per il merito”, destinato a fornire “buoni studio” di cui una quota “da restituire a partire
dal termine degli studi” e a garantire “finanziamenti” (prima del passaggio in Senato si parlava
esplicitamente di “prestiti d’onore”) (art.4.1.b e c). Come dire: nessuno ti regala niente, devi ridare indietro
tutto, esattamente come in banca!
Sembra inutile sottolineare come il concetto di merito, soprattutto in una società in cui ciascuno parte da
condizioni economiche e culturali assai differenti, sia solo un paravento ideologico dietro cui nascondere
la volontà di preservare le differenze esistenti. La “qualità” e l’“efficienza” diventano i nuovi valori per
imporre la logica imprenditoriale alla politica universitaria (e, più in generale, all’intera pubblica
amministrazione), ma che non si tratti di valori assoluti è evidente. Uno stesso strumento può essere
efficiente e di buona qualità se valutato rispetto a determinati obiettivi e inefficiente e di bassa qualità se
valutato rispetto ad obiettivi diversi. Un’università che fornisce gli strumenti critici ai propri studenti può
essere considerata efficiente e di buona qualità se valutata rispetto agli obiettivi dell’emancipazione
individuale e sociale, mentre appare senz’altro inefficiente e di bassa qualità se l’obiettivo è quello di formare studenti pronti ad obbedire ed eseguire i compiti che verranno loro affidati da qualche datore di
lavoro…
In un contesto ideologico e culturale egemonizzato dal mercato e dalla cultura d’impresa, non è difficile
capire quali siano gli obiettivi sottintesi da Tremonti, Brunetta e Gelmini quando parlano di qualità ed
efficienza: indirizzare la ricerca scientifica e l’offerta formativa verso traiettorie utili, direttamente o
indirettamente, ai profitti delle imprese. E se individui o università vogliono fare di testa loro, si tagliano
loro i viveri.
Ma chi finanzierebbe questo Fondo per il merito? Qui la Gelmini (una che per passare il concorso da
avvocato ha dovuto cambiare residenza) centra il ridicolo: una parte verrà dalla contribuzione studentesca
alla prova nazionale standard (art.4.4), che individua gli studenti “eccellenti” che possono accedere al
Fondo, un’altra parte dalle “donazioni” di privati, che potranno effettuare i loro versamenti “a titolo
spontaneo e solidale […] anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi” (art.4.7.a).
Insomma, non solo gli studenti in cerca di una borsa devono pagare la prova (e quanti non possono e
quindi non concorreranno?), ma questa tassa va a finanziare gli studenti meritevoli (quasi certamente
ricchi o benestanti). Un perverso Robin Hood, che ruba ai poveri per dare ai ricchi, non è all’opera solo nella
Finanziaria, ma anche all’Università… Quale solidarietà potrà poi avere un imprenditore a finanziare un
ateneo non l’abbiamo ancora capito. Spirito caritatevole cristiano?
A tutto ciò bisogna aggiungere i nuovi tagli, denunciati a fine agosto anche da vari giornali: se nel 2009-10 i
finanziamenti per le borse erano in calo di 146 milioni, per l’annata 2010-11 è previsto un ulteriore taglio
di 24 milioni5.
Riprendiamoci quello che ci hanno preso!
L’istruzione pubblica (ma purtroppo anche la privata) è finanziata con le tasse, ovvero con i soldi del lavoro
dipendente, visto che gli imprenditori, i palazzinari, i commercianti le tasse in Italia non le pagano… Ogni
provvedimento che smantella il settore pubblico è dunque un attacco diretto alle nostre condizioni di
vita, è un uso improprio dei nostri soldi, che vanno a finire nelle tasche dei più ricchi! Ora con la scusa della
crisi, e agitando lo spauracchio della Grecia, il Governo prova a tagliare tutto il settore pubblico,
impedendone il funzionamento, in modo poi da poterlo vendere pezzo per pezzo ai privati; Confindustria
accelera l’attacco al Contratto collettivo nazionale (CCLN) puntando alla frammentazione dei lavoratori,
spalleggiata come sempre dall’esecutivo che per di più si permette di dichiarare un “lusso” la legge sulla
sicurezza sul lavoro (la famosa 626/1994) – così “lussuosa” che l’Italia è il Paese dell’UE con la media annua
più alta di morti sul posto di lavoro – e di potenziare i ricatti, le logiche gerarchiche e di controllo per
impedire che ci si possa ribellare.
Si tratta quindi di riprendersi ciò che in questi anni ci hanno rubato, prima che sia troppo tardi, e ci
ritroviamo ancora più deboli, ancora più soli, ancora più in guerra l’uno contro l’altro!
Che ci sia malessere nei confronti della Riforma Gelmini e di questi ulteriori provvedimenti, è evidente: in
tutto il comparto formativo, e in maniera trasversale – dagli studenti alle maestre, dagli insegnanti precari
ai ricercatori… Anche prima dell’approvazione del DDL da parte del Senato, in molte università alcuni hanno
cominciato ad opporsi al disegno di legge6, e la protesta in questi primi giorni di settembre sembra
allargarsi a macchia d’olio con la mobilitazione dei precari scuola. In tutta Italia infatti sono tante le scuole
(dagli istituti materni alle scuole superiori) che hanno cominciato il primo giorno di lezioni e attività in un
vento di proteste: decine e decine sono le azioni di protesta che ogni giorno simultaneamente vengono portate avanti dai precari della scuola, sia perché rischiano il licenziamento sia perché rischiano di non
essere assunti. Dai presidi nelle maggiori piazze di varie città italiane, alle occupazioni dei provveditorati
fino ad arrivare al blocco dello Stretto di Messina di lunedì 13 settembre. Anche se la mobilitazione per ora
riguarda solo un settore specifico dell’università e degli istituti, quello che il DDL rappresenta è un attacco
generalizzato al diritto allo studio ed è per questo che anche la componente studentesca non può restare
indifferente al processo di smantellamento dell’università pubblica e al progressivo assoggettamento di
questa agli interessi aziendali e di chi vuole gestire tempi, modi e spazi del nostro studio e della nostra vita.
La nostra risposta, per avere forza effettiva, deve essere adeguata alla natura di ogni attacco sferrato alle
fasce più deboli della società, sotto qualsiasi forma esso si presenti. Per vincere dobbiamo unire le lotte di
chi ha tutto da perdere nell’attuale stato di cose. Il grembo che partorisce questi provvedimenti è sempre
lo stesso, che si concretizzi in licenziamenti di massa, nella privatizzazione di servizi essenziali come l’acqua,
i trasporti o la sanità, che faccia sì che il sistema di istruzione pubblica accentui la selezione di classe o che
esso neghi i diritti dei migranti creando falsi problemi e alimentando il razzismo.
È contro la matrice capitalista che bisogna impegnarsi, iniziando dai luoghi che viviamo, contrastando ogni
immobilismo, disfattismo e il “moderatismo” che tanti danni hanno fatto per vent’anni, con la
consapevolezza che l’unico sbocco reale che la nostra lotta può avere è proprio nel collegamento con
tutte le altre lotte che si sviluppano sul territorio!
1 Questo processo di aziendalizzazione l’abbiamo ad esempio già visto all’opera nelle riforme sanitarie degli anni ’90, e con il
passaggio alle ASL (non a caso “Aziende Sanitarie”), che rispondono innanzitutto a logiche “costi/benefici” indipendentemente dai bisogni e dai diritti dei cittadini, lasciando ampi margini di manovra a politici, Direttori Sanitari, case farmaceutiche e privati,
generando così un visibile peggioramento del servizio, fenomeni di corruzione ed un aumento esponenziale dei casi di malasanità.
2 Un caso limite di questa tendenza, ancora poco diffuso in Italia, è costituito dalla corporate university, strutture accademiche
interamente finanziate e gestite da imprese private.
3 Un esempio recente è la “fusione” del corso di Scienza Politica fra l’Università di Macerata e quella di Camerino, dettato non dalla
qualità dell’offerta formativa ma, come recita il DDL, dalla necessità di “razionalizzare “le spese. Così un corso che funzionava è
stato semplicemente soppresso da una delle Università, con conseguente danno di lavoratori e studenti.
4 Inutile dire che l’aumento sarà più consistente nelle università del Sud, ed è già effettivo nel caso dell’Università di Reggio Calabria
e in quello dell’Orientale di Napoli…
5 Su questo vedi gli articoli e le tabelle pubblicate nel nostro speciale sull’Università su http://www.rednet.
it/index.php?option=com_content&view=article&id=385:speciale-ddl-1905-lautunno-ci-aspetta&catid=48:scuola-euniversita&
Itemid=59. Il Sole24Ore, ad esempio, sostiene che al Sud percepiscono borse di studio solo il 60% degli aventi diritto.
Cioè sei povero e meritevole, hai ragione, ma i fondi non ci sono! Senza contare la situazione disastrosa delle residenze
universitarie, in cui sono ospitati solo il 20% degli aventi diritto (al Sud l’11,4%)!
6 Dai dati raccolti in 44 atenei (sui 66 totali che esistono in Italia) risulta che, su 15856 ricercatori, 9969 di questi (pari al 62.87%) si
sono dichiarati indisponibili alla didattica non obbligatoria per legge (dati in aggiornamento su http://www.rete29aprile.it).
PRIMO APPUNTAMENTO DEL CINEFORUM!
by lavoriincorso on Ott.08, 2010, under General
Commenti disabilitati su PRIMO APPUNTAMENTO DEL CINEFORUM! more...Breve ricostruzione di quanto accaduto
by lavoriincorso on Ott.07, 2010, under General
Eravamo una quindicina a volantinare, ragazzi e ragazze di Tor Vergata, quando arrivarono trenta-quaranta fascisti di “Blocco”
e “Casapound” che ci aggredirono selvaggiamente dopo esserci rifiutati di consegnare loro tutto il nostro materiale, destinato
ad informare gli studenti di Giurisprudenza.
Fino a pochi minuti prima ci trovavamo nell’ufficio del Rettore a cui avevamo presentato le nostre rimostranze nei confronti
dello sdoganamento (tra l’altro con finanziamento e patrocinio) e la presenza dei gruppi già noti per le loro azioni violente.
Dopo due anni di minacce, intimidazioni e aggressioni non capivamo perché questi soggetti venissero accolti a braccia aperte
nell’università.
Il faccia a faccia si concluse con uno studente che si rivolse al Rettore con testuali parole: “Aspettate il morto per intervenire?”
Il risultato fu di 5 studenti, 1 studentessa e 1 dipendente, intervenuto per bloccare il pestaggio, che rimasero feriti: 122 giorni di
prognosi complessivi, contusioni gravi e varie fratture per due di noi.
Un mese dopo scattarono anche gli arresti: alle 7 di mattina la DIGOS fece irruzione nelle abitazioni di 3 di noi (e di 4
neofascisti, presi però tra quelli che non erano studenti di Tor Vergata, tra cui un consigliere 38enne al XX Municipio, attuale
“vicepresidente” di Casapound) che portati all’Ufficio Immigrazione di Tor Sapienza (!?!?), furono schedati e fotosegnalati,
dopo le perquisizioni di case e autovetture.
Obbligo di dimora nel comune di residenza e obbligo di restare nella propria abitazione tutti i giorni dalle 19 alle 6 di mattina.
Tutte le notti, agli orari più disparati, venivano effettuati controlli di reperibilità da parte di Polizia e Carabinieri, incuranti del
fatto che con noi c’erano anche i nostri genitori, fratelli e sorelle.
Per due settimane andò avanti così, saltarono tutti gli impegni di studio e lavoro, i vicini si chiedevano il perché di tutto questo
via-vai di agenti di forze dell’ordine.
Di fatto però la repressione si trasformò in solidarietà nei confronti degli studenti arrestati: decine di amici, parenti, colleghi,
vicini e compagni di lotta passavano a trovarli a casa ogni giorno, in quanto le visite erano consentite.
Numerosi anche i contatti con i docenti e i ricercatori dei corsi frequentati preoccupati della situazione.
Il 16 marzo, giorno successivo alla prima aggressione, dopo la nostra conferenza stampa nella facoltà di Lettere, ci recavamo al
Rettorato in vista della riunione del Senato Accademico con lo scopo di accompagnare il rappresentante degli studenti che
avrebbe dovuto portare all’attenzione della seduta le gravi carenze dei servizi per i disabili e richiedere l’abbattimento delle
barriere architettoniche ancora presenti nelle strutture.
Volevamo essere lì presenti anche per incontrare, nuovamente, il Rettore e le istituzioni accademiche, visti i gravi fatti avvenuti
il giorno precedente. Di fatto, trovammo un presidio armato di un centinaio di fascisti di “Casapound” e “Blocco Studentesco”:
in pratica erano presenti tutti i loro esponenti di Roma e provincia.
Tra di loro vi era il “capo”, Gianluca Iannone (pluricondannato per altre aggressioni), tutti gli aggressori già presenti il giorno
prima, tra i quali Francesco Polacchi, tristemente noto “sprangatore tricolore” di Piazza Navona e Noah Mancini neo-eletto al
Senato Accademico.
Al nostro rappresentante fu impedito di entrare in Senato, grazie anche alla complicità delle forze dell’ordine, guidate
direttamente dai vertici della Questura di Roma, che avevano militarizzato la facoltà e agito coordinandosi con i numerosi
neofascisti che loro conoscono ampiamente.
Testimoni diretti di quanto diciamo furono i numerosi dipendenti del Rettorato che hanno assistito alla loro “preparazione” ben
prima che partissimo da Lettere per raggiungere Giurisprudenza.
Il messaggio che doveva passare verso l’opinione pubblica, quella della rissa tra opposti estremisti, è stato costruito così come
vi abbiamo spiegato, tanto che va rimarcata la presenza di numerosi agenti in borghese durante la conferenza stampa a Lettere
che non solo non hanno avvertito nessuno di noi sulla presenza ingente e armata dei neofascisti ma addirittura ci hanno chiesto
se volevamo fare un corteo (in 30-40 ???) fino a Giurisprudenza.
Ci sono così piovuti addosso squadristi e agenti delle forze dell’ordine appena giunti nei pressi del parcheggio del “Toy’s”:
l’operazione, oltre ad alcuni contusi, ha “fruttato” 8 denunce per “rissa” (non ai 3 studenti del giorno precedente ma ad altri
antifascisti solidali nei nostri confronti, mentre 7 denunce riguardano gli squadristi).
Stavolta però non si può contare sull’ausilio di nessuna immagine filmata che appunto complica la situazione legale dei
denunciati del secondo giorno. Strano che tra le decine di agenti presenti nessuno avesse una videocamera (come di solito è
loro prassi) e l’unica che è stata notata se l’erano portata i neofascisti…più di così…
Il Tribunale del Riesame ha poi rimesso in libertà, dopo 14 giorni, gli studenti antifascisti di Tor
Vergata arrestati ad aprile, motivando la sentenza con il fatto che, alla luce di quanto acquisito, “è
sorprendente che le vittime debbano rispondere di rissa per di più aggravata dalle loro stesse lesioni”.
Anche il PM è dovuto quindi tornare sui suoi passi: è caduta così, a settembre, l’imputazione per “rissa aggravata” per 4
neofascisti e 3 studenti vittime del pestaggio del 15 marzo. Adesso si tratta di “lesioni personali” eseguite dagli squadristi ai
danni di 5 studenti dell’Ateneo (di Scienze, Ingegneria e Lettere).
Per questo chiediamo a tutti/e di dare un segnale a sostegno di chi studia e lavora a Tor Vergata promuovendo la
costituzione dell’Ateneo a “parte civile lesa” affinché simili episodi non si ripetano mai più e sia debellato lo
squadrismo di ben note organizzazioni in cerca di legittimazione istituzionale.
Studenti, ricercatori e lavoratori antifascisti/e di Tor Vergata