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La resistenza contro i crimini fascisti nel confine orientale italiano

by on Feb.03, 2012, under General

 

 

Nel 1924, dopo la fine della prima guerra mondiale, i trattati di pace inclusero
all’interno del confine italiano circa 500.000 tra sloveni e croati. Il governo fascista
cominciò una politica di italianizzazione forzata che raggiunse il suo culmine nel
1942, quando fu nominato comandante della seconda armata italiana e massima
autorità militare jugoslava Mario Roatta. Era al comando della guerra italiana contro i
partigiani slavi, che da decenni subivano le imposizioni e la repressione del regime
fascista. Si è reso inoltre responsabile della costruzione di campi di internamento per
migliaia di Jugoslavi e della stesura di leggi che permettevano di giustiziare ostaggi,
deportare famiglie e incendiare case. Dall’aprile del 1941 al settembre del 1943 interi
villaggi furono massacrati in Croazia e Slovenia con la scusa di essere sostenitori
della resistenza partigiana. Nel solo territorio della provincia di Lubiana 9000
persone furono eliminate e 800 paesi distrutti. Il tutto rientrava in un lugubre piano di
pulizia etnica, che mirava a svuotare le città e soprattutto i villaggi, dagli slavi per far
posto alle famiglie delle vittime italiane.
Uno dei campi di concentramento più esteso si trovava sull’isola di Rab (Croazia),
nelle vicinanze del villaggio di Campor, e conteneva circa 15.000 slavi; anche su
territorio italiano ce n’erano più di uno: Trieste, Padova, Treviso, Toscana e altre
regioni.
In un clima così teso e oppressivo fu forte la collaborazione tra perseguitati politici
italiani e partigiani slavi. A testimonianza vi è l’episodio del 1943 della fuga dal
campo di Renicci (comune di Anghiari) e la successiva confluenza dei prigionieri
nelle brigate partigiane più vicine.
Viviamo in un periodo in cui il revisionismo storico è diventata una potente arma
nelle mani di chi ci governa. Con lo scopo di creare false coscienze e distruggere lo
spirito critico, politicanti d’ogni dove si divertono a riscrivere la storia, buttando
fango su chi è morto per la Libertà.
Noi ci teniamo a ricordare questi giorni, non come le violenze di un popolo sull’altro
o viceversa. Ci teniamo a ricordarli come la legittima resistenza di un territorio
abitato da numerose etnie. Ci teniamo a ricordarli come un sincero episodio di
solidarietà tra sfruttati\e contro un governo infame e violento. Ci teniamo a ricordarli
per mantenere viva la speranza di Libertà che batteva nei cuori di tutti quegli uomini
e tutte quelle donne uccise dal fascismo.

SIETE TUTT@ INVITATI
VENERDì 10 FEBBRAIO
DALLE 11:00
FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA-TOR VERGATA


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